Pier Giorgio Frassati (Torino, 6 aprile 1901 – Torino, 4 luglio 1925) è stato uno studente italiano, terziario domenicano, membro della Fuci e di Azione Cattolica: è stato proclamato beato nel 1990 da papa Giovanni Paolo II. È considerato, ancorché non canonizzato, uno dei santi sociali torinesi.

 

 

 

 

La famiglia
Davanti alla prima guerra mondiale
Gli studi
Università
Vita associazionistica
La montagna e l'amore
La Compagnia o Società dei Tipi Loschi
Pier Giorgio e i poveri
Gli ultimi giorni di vita
I funerali
La beatificazione

Biografia

La famiglia
Pier Giorgio Frassati nacque il 6 aprile 1901 da una delle famiglie più in vista dell'alta borghesia di Torino.
Il padre, Alfredo Frassati, si laureò in legge e vinse il concorso statale per la libera docenza in diritto penale presso l'Università di Sassari. Tuttavia preferì dedicarsi alla carriera giornalistica, che rappresentò poi la sua fortuna; nel 1895 rilevò la redazione del quotidiano Gazzetta Piemontese. Il 1º gennaio dell'anno successivo, la Gazzetta Piemontese apparve con una nuova testata: La Stampa.

Alfredo Frassati, assumendo la piena proprietà nel 1902, ne fu subito vicedirettore e poi, dal 1910 al 1920, direttore .
Oltre ad essere fondatore e direttore di uno dei quotidiani più importanti della penisola, fu anche un insigne uomo politico al fianco del liberale Giovanni Giolitti, che lo nominò prima Senatore del Regno e poi, nel 1913, Ambasciatore in Germania.
Il 5 settembre 1898 prese in moglie la cugina Adelaide Ametis. Allieva del Delleani, fu una pittrice apprezzata: espose alla Biennale di Venezia e una delle sue opere venne acquistata dal Re Vittorio Emanuele III.
Luciana Frassati, sorella di Pier Giorgio, più giovane di lui di un anno, nacque il 18 agosto 1902 e morì nell'ottobre del 2007, a 105 anni.

Più complicati furono però i rapporti interni: infatti i coniugi Frassati spesso litigavano e andavano poco d'accordo; tuttavia non giunsero mai ad una separazione, anche se i rapporti in alcuni casi furono molto tesi.
L'educazione che i due fratelli Frassati ricevettero in famiglia fu improntata su metodi e principi piuttosto rigidi, che Luciana ha definito addirittura "spartani"; ella ha raccontato: "La casa signorile in cui vivevamo sembrava una caserma".
La famiglia quindi trasmise ai figli un duro sistema di regole e doveri, basato sul rispetto, l'ordine, la disciplina e l'onore. La fede fu impartita unicamente dalla madre.

Davanti alla prima guerra mondiale
Nel 1914 l'Europa fu insanguinata dalla Grande Guerra e l'anno seguente l'Italia entrò nel conflitto muovendo guerra all'Austria-Ungheria.
La famiglia Frassati, giolittiana e liberale, era neutralista.
Allo scoppio della guerra, Pier Giorgio, anche se molto giovane, s'impegnò alacremente per rendersi utile.
Inoltre inviava regolarmente ai soldati e alle loro famiglie i suoi piccoli risparmi.

Gli studi
Pier Giorgio e Luciana, nonostante la differenza di un anno d'età, furono avviati insieme agli studi.
Come era usanza nelle famiglie signorili di un tempo, la prima istruzione venne loro impartita privatamente, in casa. Poi frequentarono le scuole statali, ma Pier Giorgio non dimostrava molto entusiasmo per lo studio e subì una bocciatura.

Dopo aver conseguito la licenza elementare, entrambi vennero iscritti al Regio ginnasio-liceo “Massimo d'Azeglio” di Torino; tuttavia l'iter scolastico di Pier Giorgio fu rallentato dal fatto di essere per due volte rimandato in latino.
Venne poi iscritto dai genitori all'Istituto Sociale di Torino, un ginnasio-liceo retto dai Padri della Compagnia di Gesù, dove si avvicinò anche alla spiritualità cristiana.
Pier Giorgio conseguì la maturità classica nell'ottobre del 1918.

Università
Il mese successivo si iscrisse alla facoltà di Ingegneria meccanica (specializzazione in mineraria) presso il Regio Politecnico di Torino.
Motivò questa scelta universitaria con l'intenzione di poter lavorare al fianco dei minatori (la classe operaia più disagiata a quel tempo), per aiutarli a migliorare le loro condizioni di lavoro.
Nonostante gli sforzi e l'impegno, Pier Giorgio morì improvvisamente a due soli esami dalla sospirata mèta. Fu però insignito della laurea ad honorem (Alla Memoria) nel 2001.

Vita associazionistica
All'Università ebbe inizio un periodo di intensa attività all'interno di numerose associazioni di stampo cattolico, in particolare la Gioventù Italiana di Azione Cattolica, la Fuci e il Circolo "Cesare Balbo", affluente alla Fuci stessa, a cui si iscrisse nel 1919.
Inoltre aderì anche alla Società San Vincenzo De Paoli del "Cesare Balbo", profondendo un impareggiabile impegno in favore dei poveri e dei più bisognosi.

La montagna e l'amore
Pier Giorgio era un ragazzo molto vivace, solare, sempre allegro e ricco di energie.
Praticò numerosi sport, ma furono soprattutto le escursioni in montagna a costituire la sua più grande passione, come documentato dalle numerose fotografie.

S'iscrisse anche a varie associazioni alpinistiche, partecipando attivamente a circa una quarantina di gite ed escursioni. La sua più notevole ascensione è stata la difficile vetta della Grivola (tuttora riservata ad alpinisti esperti); tra le altre montagne scalò anche l'Uia di Ciamarella il 20 luglio 1924 insieme agli amici dell'associazione di alpinisti cattolici "Giovane Montagna".
Fu poi proprio la sua passione per la montagna che gli fece conoscere Laura Hidalgo (1898-1976), una ragazza orfana e di modeste origini sociali: Pier Giorgio se ne innamorò, anche se non le confessò mai il proprio sentimento, "per non turbarla", come scrisse ad un amico.

La ragione per cui non le dichiarò il suo amore fu la netta opposizione della famiglia di lui, che non avrebbe mai accettato per l'erede dei Frassati una consorte che non fosse stata d'altolocata e prestigiosa provenienza sociale.
Rinunciò quindi a questo amore per non suscitare pesanti discussioni in casa e non incrinare ulteriormente il rapporto tra padre e madre, che già in quel momento versava in gravi difficoltà.

Tuttavia questa scelta fu per Pier Giorgio causa di sofferenza, ma lui seppe trovare il modo di affrontarla, come scrisse all'amico Isidoro Bonini il 6 marzo 1925: «Nelle mie lotte interne mi sono spesse volte domandato perché dovrei io essere triste? Dovrei soffrire, sopportare a malincuore questo sacrificio? Ho forse io perso la Fede? No, grazie a Dio, la mia Fede è ancora abbastanza salda ed allora rinforziamo, rinsaldiamo questa che è l'unica Gioia, di cui uno possa essere pago in questo mondo. Ogni sacrificio vale solo per essa».

La Compagnia o Società dei Tipi Loschi
Nonostante la sua attivissima partecipazione a numerose associazioni di quell'epoca, il 18 maggio 1924, durante una gita al Pian della Mussa, insieme ai suoi più cari amici fondò la "Compagnia o Società dei Tipi Loschi", un'associazione caratterizzata da un sano spirito d'amicizia e d'allegria.
Ma dietro le apparenze scherzose e goliardiche, la Compagnia dei Tipi Loschi nascondeva l'aspirazione a un'amicizia profonda, fondata sul vincolo della preghiera e della fede.
«Io vorrei che noi giurassimo un patto che non conosce confini terreni né limiti temporali: l'unione nella preghiera», scrisse Pier Giorgio ad uno dei suoi amici il 15 gennaio 1925.

Ed era proprio il vincolo della preghiera a legare i "lestofanti" e le "lestofantesse", come scherzosamente si denominavano tra di loro, di questa singolare Compagnia.
Oltre a essere un'intuizione quasi profetica (il cattolicesimo vissuto nella sua interezza anche nelle circostanze ordinarie della vita, senza separazioni e divisioni, in uno spirito di cristiana gioia) fu l'occasione di indimenticabili gite in montagna, buffi proclami in stile rivoluzionario e fonte di simpatici soprannomi dei suoi membri.

Dietro l'apparente facezia si celava però il progetto di un'amicizia cristiana a tutto tondo, capace di valere per tutti gli ambiti della vita.

Pier Giorgio e i poveri
Poiché le ricchezze della famiglia venivano elargite ai figli con grande parsimonia, Pier Giorgio era spesso al verde perché il più delle volte i pochi soldi di cui disponeva venivano da lui generosamente donati ai poveri e ai bisognosi che incontrava o a cui faceva visita. Non di rado gli amici lo vedevano tornare a casa a piedi perché aveva dato a qualche povero i soldi che avrebbe dovuto utilizzare per il tram. Come già accennato, fece attivamente parte della Conferenza di San Vincenzo, aiutando tantissime persone che spesso non avevano di che vivere. «Aiutare i bisognosi - rispose un giorno alla sorella Luciana - è aiutare Gesù». In famiglia nessuno sapeva alcunché delle sue opere caritative; inoltre non compresero mai appieno chi fosse veramente Pier Giorgio, questo figlio così diverso dal cliché alto-borghese di famiglia, sempre pronto ad andare in chiesa e mai a prendere parte alla vita mondana del suo stesso ceto.

Gli ultimi giorni di vita
È probabilmente visitando i poveri nelle loro abitazioni che Pier Giorgio contrasse una meningite fulminante che lo portò repentinamente alla morte in meno di una settimana, dal 29 giugno al 4 luglio, giorno in cui spirò.
La mattina del 30 giugno 1925, Pier Giorgio accusò una strana emicrania e anche un'insolita inappetenza. Nessuno però diede molto peso al suo malessere, pensando a comuni sintomi influenzali.

Inoltre, in quegli stessi giorni, tutta l'attenzione dei familiari era rivolta all'anziana nonna materna, Linda Ametis, che morì il 1º luglio.
La notte prima della morte della nonna, come racconta Luciana, non potendo prendere sonno per l'assillante dolore, Pier Giorgio tentò di alzarsi per camminare un po', ma cadde più volte in corridoio e si rialzò sempre da solo e senza che nessuno, a parte i domestici, se ne accorgesse.

I genitori compresero la gravità delle condizioni del figlio proprio il giorno della morte della nonna, quando egli non riuscì più ad alzarsi dal letto per partecipare alla celebrazione delle esequie.
Pier Giorgio stava quindi morendo senza che nessuno se ne rendesse conto e quando il medico accertò le condizioni disperate in cui versava, era ormai troppo tardi per qualsiasi rimedio.
Si tentò tuttavia di fare il possibile; il padre fece arrivare direttamente da Parigi un siero sperimentale, ma fu tutto inutile.

I funerali
«Era veramente un uomo, quel Pier Giorgio Frassati che la morte a 24 anni ghermì. Ciò che si legge di lui è così nuovo insolito che riempie di riverente stupore anche chi non divide la sua fede. Giovane ricco, aveva scelto per sé il lavoro e la bontà. Credente in Dio, confessava la sua fede con aperta manifestazione di culto, concependola come una milizia, come una divisa che si indossa in faccia al mondo, senza mutarla con l'abito consueto per comodità, per opportunismo, per rispetto umano. Convintamente cattolico e socio della gioventù cattolica universitaria della sua città, disfidava i facili scherni degli scettici, dei volgari, dei mediocri, partecipando alle cerimonie religiose, facendo corteo al baldacchino dell'Arcivescovo in circostanze solenni.

Quando tutto ciò è manifestazione tranquilla e fiera del proprio convincimento e non esibizione ostentata per altri scopi, è bello e onorevole.
Ma come si distingue la "confessione" dalla "affettazione"? Ecco la vita è il paragone delle parole e degli atti esteriori che valgono poco più delle parole Quel giovane cattolico era anzitutto un credente.
(...) Tra l'odio, la superbia e lo spirito di dominio e di preda, questo "cristiano" che crede, e opera come crede, e parla come sente, e fa come parla, questo "intransigente" della sua religione, è pure un modello che può insegnare qualcosa a tutti.»
(Filippo Turati)

Ai suoi funerali presero parte molti amici, ragguardevoli personalità, ma soprattutto tantissimi poveri che al tempo erano stati aiutati dal rimpianto estinto.
Per la moltitudine dei partecipanti, qualcuno dei presenti paragonò quei funerali a quelli di San Giovanni Bosco, altro Santo torinese popolarissimo.
Davanti al popolo così numeroso, che accorse a dare l'ultimo saluto al figlio, per la prima volta i suoi familiari capirono, vedendolo tanto amato, dove e come aveva vissuto Pier Giorgio.
Il padre, con amarezza, asserì: «Io non conosco mio figlio!».

La beatificazione
«Vivere senza fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere una lotta per la Verità non è vivere ma vivacchiare...»
(Pier Giorgio Frassati)

Papa Giovanni Paolo II lo proclamò beato il 20 maggio 1990.
Il Papa polacco lo aveva definito tra l'altro "un alpinista... tremendo" e "il ragazzo delle otto Beatitudini".
Il miracolo, riconosciuto dalla Chiesa al fine della beatificazione, è la guarigione di Domenico Sellan, un friulano che aveva contratto, verso la fine degli anni trenta, il morbo di Pott. Questi, quasi in fin di vita, guarì repentinamente e senza un'evidente spiegazione medica dopo che un suo amico sacerdote gli aveva donato un'immagine con una piccola reliquia di Pier Giorgio Frassati, al quale Sellan si rivolse con fiducia, supplicandolo d'intercedere per lui presso il Signore, secondo i principi della religione cattolica, per ottenere la guarigione.

Il 3 marzo 2008 fu compiuta una ricognizione canonica del corpo del beato, che riposa in una cappella laterale della navata sinistra del Duomo di Torino (precedentemente era sepolto nella tomba di famiglia a Pollone, ma fu poi traslato negli anni novanta). Tale ricognizione era finalizzata alla traslazione delle sue reliquie a Sydney, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù. Successivamente, le reliquie sarebbero state riportate al Duomo di Torino.
Pier Giorgio è patrono delle confraternite, dei giovani di Azione Cattolica e, nello Stato della Città del Vaticano, è stato eretto patrono del Gruppo Allievi dell'Associazione Ss. Pietro e Paolo, già Guardia Palatina d'Onore di Sua Santità.

Il Club Alpino Italiano ha dedicato a Pier Giorgio Frassati, dopo la sua beatificazione, una rete di sentieri, detti appunto Sentieri Frassati, estesa in quasi tutte le regioni italiane. Con le tre inaugurazioni previste nel 2011 vi sarà almeno un sentiero in ogni regione, come previsto dal progetto originario. Alcuni sentieri hanno un percorso internazionale. Lungo questi percorsi il beato Pier Giorgio è ricordato con targhe che ne ricordano alcune frasi.
La città di Torino gli ha dedicato una via in Borgata Sassi. L'Operazione Mato Grosso ha dedicato a Pier Giorgio Frassati, un rifugio situato in Valle d'Aosta. Il rifugio, costruito e gestito dai ragazzi volontari dell'Operazione Mato Grosso, è stato dedicato a lui proprio per il suo amore verso la montagna e verso i più poveri.

Nel 2010, in occasione del ventennale della beatificazione, nasce a Salerno la Brigata Frassati, un'associazione senza scopo di lucro fondata sulla devozione verso il Beato Pier Giorgio con l'obiettivo "di vivere giorno per giorno in una gioiosa amicizia nella speranza di condividere con lui l'essere cristiani decisi, sereni e sorridenti".

Nel 2015, in occasione dei 25 anni dalla beatificazione, le arcidiocesi di Torino e Cracovia hanno deciso di spostare temporaneamente le spoglie del beato durante l'estate dell'anno successivo in concomitanza con la Giornata mondiale della gioventù 2016. Così nel mese di luglio del 2016 la salma di Pier Giorgio Frassati è stata trasportata per 5000 km da Torino alla basilica della Santa Trinità, convento dei frati domenicani della città polacca. Durante l'evento migliaia di giovani, provenienti da ogni parte del mondo, hanno così potuto conoscere la storia del beato tanto amato da Giovanni Paolo II. 

I "briganti" sono impegnati sia in eventi religiosi che in attività ludiche che ripercorrono le opere e le passioni di Pier Giorgio Frassati in vita, come la pratica dell'adorazione eucaristica, le escursioni in montagna, riunioni formative, ecc. Alla Brigata Frassati può aderire chiunque condivida gli ideali del Beato attraverso la compilazione del modulo di adesione presente sul sito web dell'associazione.

Fra i parenti, vi è il nipote giornalista e politico Jas Gawronski, figlio di Luciana Frassati e di Jan Gawronski.